La donna più potente dell'India è di origine Italiana. Si tratta
di Sonia Gandhi, all'anagrafe Antonia Edvige Albina Maino, nata nel '46 in
provincia di Vicenza e cresciuta, fino all'età di 18 anni, ad Orbassano (TO),
dove i genitori Stefano e Paola si trasferirono quando aveva 3 anni.
La sua vita rocambolesca prese una piega che ha dell'incredibile
durante il soggiorno a Cambridge, dove si era recata per apprendere l'inglese.
Infatti, ad appena un anno dal suo arrivo, nel ristorante greco dove lavorava
per sbarcare il lunario, incontrò Rajiv Gandhi. Si trattava del primogenito
dell'allora primo ministro indiano, Indira Gandhi, iscritto al Trinity College
dell'Università di Cambridge –dove non terminerà mai gli studi- che avrebbe
sposato dopo tre anni e che sarebbe diventato il nuovo primo ministro dopo
l'assassinio della madre. Entrò così a far parte della famiglia Nehru-Gandhi
che, per circa quarant’anni (’47-’67) e quasi ininterrottamente, governò
l’India, essendo sempre a capo del partito di maggioranza assoluta, il Partito
Nazionale del Congresso (PNC).
Da destra: Sonia, Rajiv e Indira Gandhi |
Il suo ingresso sulla scena pubblica si ebbe qualche anno dopo
l'assassinio del marito, quando si decise ad accettare la leadership del PNC,
ossia il partito del “Mahatma” Gandhi che guidò l’India all’indipendenza, nel
momento di sua massima difficoltà. Si può immaginare la complessità della sua
sfida, dall’ostacolo delle origini italiane a quello di dover tenere le redini
di un partito sull’orlo della dissoluzione (vedi il Pdl in Italia), passando
per il peso ereditato dalla controversa gestione della suocera e da quella
fallimentare del marito, non a caso entrambi assassinati.
Indira e Sonia con i figli Rahul e Priyanka |
Secondo gli osservatori, la seconda signora Gandhi, finora, è
riuscita a ricompattare il partito, reintroducendo un minimo di vita
democratica al suo interno, e ad intercettare lo scontento delle masse rurali,
puntando su una politica che, fermo restando i principi neoliberisti adottati
negli anni ‘90, non trascurasse le esigenze delle classi più povere. Inoltre, il
merito principale sembra essere stato quello di reintrodurre il principio della
laicità, realizzando un’ampia alleanza di forze laiche in grado di ritornare al
governo e arginare la deriva del fondamentalismo indù che ha trovato la sua
massima espressione nel Bjp, partito di destra dai connotati poco rassicuranti
per la tolleranza e la convivenza pacifica.
Il dato incontrovertibile consiste, però, nel fatto che, in una
cultura dove non sono il potere o la ricchezza a dare prestigio bensì la
capacità di rinunciarvi, Sonia Gandhi ha incarnato gli ideali eticamente più
elevati della cultura indiana, rifiutando, dopo aver ottenuto l’assenso da
tutti gli alleati nel 2004, l’incarico di formare il governo. In ogni caso, al
netto dei detrattori, o peggio, dei violenti diffamatori riconducibili al
fondamentalismo politico indù, la sua figura emana grande dignità e senso di
responsabilità, enfatizzati dall’estrema riservatezza che la rende
inaccessibile e profonde un’aura misteriosa e intrigante su una donna di
indubbie capacità morali e di leadership.
Insomma, Sonia Gandhi sembrerebbe conformarsi al ritratto del
politico ideale che tanto avrebbe giovato al quadro miserabile della nostra
politica gretta e cialtrona. Ciò che fa ben sperare è che, se una donna del
genere è nata e cresciuta in Italia, almeno sappiamo che i nostri problemi non
sono genetici ma di forma mentis; quindi bisogna ripartire dall’educazione e
dall’istruzione, non dal loro accantonamento, qualunque sia la situazione
economico-finanziaria del paese…sempre che si tenga, realmente, al nostro paese.
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