martedì 27 novembre 2012

HEALTHY INDIAN REST 2



Pochi minuti prima, il poveretto che giace dietro le sbarre dormiva libero sul marciapiede antistante. Probabilmente, il caos del traffico e l'aria irrespirabile lo avranno convinto a spostarsi all'interno per un riposo più comodo e salutare.

INDIAN SAFETY 2


Ero in uno dei luoghi più profumati e puliti mai annoverati in India, ossia la palestra, quando mi sono ritrovato a strabuzzare gli occhi su questa assurdità. Riuscite a vedere quegli operai in cima all'impalcatura? Ecco un altro esempio di "sicurezza e sviluppo" in India. Miracolo economico?!

P.S.: davvero la palestra è profumata e pulita! Ci sono circa -2°, con continue spruzzate di profumo e donne pinguino che puliscono continuamente le macchine usate. Ottima tecnica per stimolare l'allenamento, infatti se ti fermi rischi l'ibernazione, e per osservare l'effetto del raid per zanzare sugli uomini
, se non si perdono di colpo i sensi.



domenica 25 novembre 2012

BRAVEHEART, TRE RUOTE IMPAVIDO


Se fossi indiano, spezierei il mondo;
Se fossi afgano, lo oppierei;
Se fossi saudita, lo comprerei;
Se fossi...scusatemi, non ho resistito al richiamo del sonetto giocoso di Cecco Angiolieri in versione asiatica. Mi ricompongo.

Se fossi indiano, sulla bandiera dell'India ci vorrei l'auto rickshaw! Forse esagero e, se lo sapesse qualche indiano, non mi degnerebbero più nemmeno di un rutto. In ogni caso, il rickshaw è l'emblema dell'India moderna. E' onnipresente! Basti pensare che ce ne sono almeno 16 al servizio dei mille abitanti più sperduti del subcontinente; ossia ce ne sono più di 16 milioni in giro per l'India! Una fanteria "invidiabile" che, quando non la vedi, la senti da centinaia di metri grazie al suono stridulo dell'insostituibile clacson, strombazzato inutilmente e testardamente...è il leitmotif dell'India che inquina. In pratica, avete presente un coro di voci bianche? Ecco, si ottiene esattamente la sensazione opposta con il coro dei rickshaw.

E' il leone di quella giungla composta dalle malridotte e iperaffollate strade indiane, che s'insinua fra autobus, camion, suv e auto di ogni genere con una disinvoltura paurosa e sprezzante di qualsiasi pericolo. Per questo motivo l'ho ribattezzato "Braveheart". Braveheart fa a sportellate con i suoi pari, con le moto e con le auto e ha la precedenza per diritto naturale...nel senso che se non gliela danno, è naturale che se la prenda; a tutti i costi, anche fosse la vita dei suoi passeggeri.


Secondo alcuni saggi, morire sul rickshaw da passeggero assicura la vita futura. Infatti, il Dio del coraggio (ce ne sarà sicuramente uno che in tanti adorano da qualche parte) impietosito dalla morte da pirla sul campo di battaglia, provvederà alla reincarnazione da conducente di rickshaw con annessa vita da marciapiede. Per inciso, in India i marciapiedi sono tutti abitabili. Sono le case popolari dell'India ed hanno un tratto comune con le nostre: non ce ne sono per tutti. Infatti, poi ci si arrangia sotto i ponti o allestendo capanne per nani ai bordi delle strade.


Nella foto al lato, siamo difronte ad un raro esemplare di auto rickshaw coupè full optional: in pochi dispongono del portapacchi. I posti a sedere dovrebbero essere tre, conducente a parte. In realtà, mai nessuno è riuscito ad individuare il limite e, finché si cammina, tutto è concesso. La cosa più curiosa è che il tre ruote impavido, apparentemente fragile, è letteralmente indistruttibile! Infatti, durante ogni spostamento, si perde il conto delle buche ripetutamente e bruscamente investite senza che si rompa mai niente! 


Ogni volta me ne stupisco e, spesso, mi ritrovo a sorridere associandovi una sventura capitata al mio "sveglio" referente indiano, mentre tornavamo con la sua macchina da un meeting fuori città. Lo stralunato D., che alla tipica flemma indiana coniuga la disattenzione tipica dell'utilizzatore cronico di oppiacei, dopo aver beccato in pieno una buca, ha perso malamente la marmitta. Gli sono serviti diversi metri per rendersene conto e accostare, nonché diversi secondi, dopo essersi fermato, per accennare una reazione: un sobrio e pacatissimo "merda!", considerate le circostanze, mentre fissava imperterrito il tergicristallo in attesa di non si sa che. I più maligni sostengono fosse in attesa di riprendersi dalla "botta"...infatti, appena lasciato il luogo in cui si era tenuto il meeting, il nostro infausto eroe aveva già colpito una colonna di cemento, lasciando -si fa per dire- in retromarcia il parcheggio. Come si dice: un uomo, una garanzia!  Ah, se solo avesse realizzato il suo sogno da bambino di diventare conducente di rickshaw, tutto questo non sarebbe, certamente, mai accaduto.

N.B.: Andrea, il mio irreprensibile compagno d'avventura, dopo l'episodio della marmitta suggeriva (ingenuamente o beffardamente?) al nostro stuntman di fare denuncia al comune di Chennai, per il rimborso dei danni.  In India? La denuncia al comune...ahahahahahahahahahahah Non sapevo più dove nascondermi per ridere mentre mi sorprendevo ad ascoltare una risposta lievemente seccata del nostro "Baba Alonso" detto Babbo: "Andrea, non siamo in Italia."



sabato 24 novembre 2012

(IL)LOGICA INDIANA

Chi riesce a carpire il collegamento tra la notizia riguardante l'avvertimento di Greenpeace, secondo cui le sostanze chimiche utilizzate da molte firme dell'abbigliamento sarebbero cancerogene, e l'immagine di una ragazza che parla al cellulare, probabilmente in preda al mal di testa?

Non è la prima volta che capita di vedere accostamenti dalla logica sfuggente...ma qui è proprio inafferrabile! 

N.B.: a meno che non si tratti di una ragazza che, nell'apprendere la notizia da un'amica benestante e fanatica di shopping in preda ad una crisi isterica, sta contando inutilmente fino a dieci prima di rivolgerle l'inevitabile, fragorosa sequela di offese; ricordandole di essere in difficoltà economica e di non comprarsi nuovo un capo d'abbigliamento dalla crisi dei mutui sub-prime americani del 2007 e informandola di aver bruciato il ragù per darle ascolto. Purtroppo, sotto la foto non è pervenuta alcuna didascalia in merito.


mercoledì 21 novembre 2012

MARTIN PESCATORE: UNA BIRRA, UN PERCHE'

E' come la Peroni per i baresi o la Guinness per i dublinesi. Paragone che va preso con le dovute proporzioni, ovviamente. Non vorrei mai che i baresi se la prendessero a male. 

A dire la verità, non è che gli indiani abbiano questa grande tradizione alcolica, anzi, gli induisti devono astenersi dall'alcol. Ergo, la Kingfisher è, per lo più, la birra degli stranieri. Questa birra ha delle proprietà particolari, la più caratteristica è che è a prova di rutto. Infatti, dopo aver effettuato un sondaggio tra i compagni europei, ho potuto concludere che si può berne fino al coma etilico senza mai riscontrare alcuna eruzione gassosa. E qui, devo esprimere il mio disappunto. Ma come, nella terra del rutto libero in qualsiasi contesto, (e anche dello sputo e persino dello scorreggio nei contesti più rilassati, è il caso di dirlo) la birra non stimola alcun flato? E' paradossale! Stento a crederci ogni volta che ci penso. 

Eppure, io puntavo tutto sulla Kingfisher, per raccogliere le sfide (all'ultimo rutto o respiro?) lanciate in pubblica piazza ed affrontare al meglio la concorrenza indiana  -di livello olimpico- . Così, mi sono dovuto rassegnare, serenamente, a soccombere in questo genere di competizioni e ad inchinarmi difronte al valore della tradizione. Ormai, certi rumori sono percepiti alla stessa stregua dei forsennati ed isterici clacson, suonati continuamente senza ragione apparente e che, senza dubbio, rappresentano l'accessorio più importante ed attraente delle automobili per qualsiasi indiano. Per noi sarebbe il motore, per loro è il clacson. Paese che vai...

In compenso però stimola la diuresi in un modo eccezionale, infatti, il luogo più comodo dove berla è senz'altro il bagno. Che dire, una birra incontenibile.

lunedì 19 novembre 2012

PENSIERI D'ORIENTE

"Una nuvola bianca è un mistero; si lascia trasportare dal vento, non resiste, non lotta, e si libra al di sopra di ogni cosa. Tutte le dimensioni e tutte le direzioni le appartengono. Le nuvole bianche non hanno una provenienza precisa e non hanno una meta; il loro semplice essere in questo momento è perfezione." 

OSHO

domenica 18 novembre 2012

INDIANI SENZA GABINETTO



Gli italiani, molto spesso, usano fieramente come argomento di vanto l'esclusività dell'utilizzo del bidè. Addirittura, alcune volte, lo si fa per millantare velatamente una certa superiorità o, più semplicemente, per affermare un primato -una volta tanto che è possibile farlo- anche solo igienico. Ovviamente, per noi è più di un primato igienico; perbacco, è proprio una questione culturale! Infatti, ogni volta che vado all'estero e mi viene ricordato lo stereotipo italiano dello "Spaghetti, Pizza e Mandolino", io ci tengo a sottolineare che non ho mai visto un mandolino in vita mia e che se beccassi quel tizio che ha messo in giro questa chiacchiera, sapete che farei? Gli consiglierei di sostituire il mandolino con il bidè.  

Ebbene, mentre noi ci godiamo il nostro bidè, che effetto fa sapere che la metà degli indiani non ha mai visto neanche un gabinetto?
Io, forse ingenuamente, ignoravo la loro ignoranza in materia. Quindi, l'effetto che ha su di me questa informazione è, semplicemente, quello di "giustificare" il fetido, raccapricciante e stomachevole olezzo che ti avvolge lungo strade e stradine della città. Infatti, è routine quotidiana vedere uomini urinare ovunque e senza troppa discrezione, frequentemente su cumuli d'immondizia o intorno ai bidoni dove i meno fortunati vanno in cerca di "fortune". In questo caso, il mix di composti organici lascia letteralmente tramortiti...come il "raid" per le zanzare.

Da quando sono arrivato qui, mi chiedo cosa si intenda per sviluppo in India. Non perché si faccia difficoltà a vedere cambiamenti ma, anzi, per la tipologia e la qualità degli stessi. E poi, ho sempre sentito che il settore trainante della crescita indiana fosse quello dei "servizi"! Battute sciocche a parte, la verità è che lo sviluppo con la "S", è solo per il settore dell' Information Technology, per il resto è ancora notte fonda!

sabato 17 novembre 2012

COLLABORATRICI DOMESTICHE...

...CHE CON ME NON COLLABORERANNO MAI!
PER FORTUNA NON HO BISOGNO DI LORO: GRAZIE MAMMA!

URGE UNA MASCHERINA!



Che strano, non ci avevo proprio pensato! Mi ero convinto che l'incombenza di problemi respiratori fosse sintomatica di una mia ipocondria latente. Per fortuna invece no, non sono ipocondriaco ma respiro realmente veleno. IT'S INDIA! 

GRAZIE DI CUORE ... ANZI, IN QUESTO CASO, GRAZIE DI POLMONI!

CHE BELLO! CHE FESTA E'?


"Scusi, che festa è questa? Non è una festa.
 E cos'è? Un morto.
 Non ho capito, scusi! Sul carro c'è un morto.
 Ah! Quindi, è un funerale. Un funerale?!"




giovedì 15 novembre 2012

HAPPY DIWALI!

In India, i giorni appena trascorsi, sono stati importanti dal punto di vista religioso; quindi sociale in un paese dove il confine tra cultura e religione è molto labile se non imperscrutabile. Dall'11 al 13 ottobre si è celebrato il Diwali o, per noi più intuitivo, la Festa delle Luci.

Per spiegarla grossolanamente, senza far torto a nessuno, si può dire che è un'importante ricorrenza induista con la quale si celebra la vittoria del bene sul male, della vita sulla morte, della verità sulla menzogna, e che si associa ad una leggenda popolare secondo cui Rama, l'incarnazione del Dio Vishnu, tornava da 14 anni di esilio in una foresta per essere accolto dal popolo di Ayodhya tra una moltitudine di lampade accese.

La mia reazione si può riassumere in un affascinato "wow!", non tanto per la leggenda quanto per la profondità della portata spirituale che, francamente, rispecchiava in pieno la mia idea di India. A questo punto le premesse prospettavano un momento unico, soprattutto per un ospite come me, nonostante i preparativi si fossero protratti in sordina. Mi ero convinto che il meglio sarebbe presto arrivato senza far rumore, avendo conosciuto da vicino lo stile dimesso, anche solo di un piccolo campione, del popolo indiano. Non mi curavo del fatto che nell'aria non ci fosse niente di nuovo, non si respirasse l'atmosfera che richiede un avvenimento del genere, credendo che la mia origine mediterranea ed europea non mi fornisse gli adeguati "strumenti di lettura".

Ecco come l'ho vissuta io a Chennai (Madras), che spero non sia una realtà rappresentativa dell'India (nel corso della mia esperienza vi aggiornerò in merito). Tre giorni ininterrotti, se non per le ore piccole che vanno, orientativamente, dalle 11 alle 5 del mattino, di botti e fuochi di artificio in tutta la città. Stop.

Voglio dire, i fuochi di artificio piacciono a tutti, anche a me, ma tre giorni?! Poi qua, che c'è un'aria così inquinata che, al confronto, nei pressi dell'ILVA di Taranto sembra di stare nel mezzo del polmone terrestre della foresta amazzonica! E poi, i botti nelle ore di luce erano tutti necessari? E ancora, botti e fuochi e, solo, botti e fuochi sparati da chiunque in ogni dove? In pratica, una tortura non una festa!

Peraltro, prima di  pervenire una preoccupante escalation nell'ultimo giorno festivo, mi sono svegliato di soprassalto alle 4 del mattino con un mal di testa esagerato, pensando di ritrovarmi in guerra e di essermi perso qualche passaggio pregresso. Lo so che pensate che stia esagerando, ma non avendo prontamente ricordato la situazione precaria, davvero l'ho pensato per qualche istante. Ora ce n'è da ridere su parecchio, si capisce.

Così, la mattina del 13 di ottobre, ultimo giorno di equilibrio instabile, dopo "l'esperienza mistica" del risveglio, mi sono aggirato nei dintorni come un lupo in cattività senza pervenire qualsivoglia segnale d'atmosfera festiva...se non la drastica riduzione del traffico che, comunque, da queste parti è da accogliere come un vero dono del cielo, credetemi. Insomma, leggi tre giorni ininterrotti di rumore assordante in tutta la città uguale l'inferno!

Riassunto del mio martedì 13 ottobre, culmine delle celebrazioni nonché inizio del nuovo anno indu: ho sfiorato la crisi di nervi. Ripetutamente. Durante tutta la giornata. Se non poteva sparire la città intera, sarei sparito io volentieri.

In conclusione, è stato un momento unico. Dico davvero, nel senso che è stata senz'altro l'ultima volta!

Un abbraccio a tutti!



P.S.: ieri 14 ottobre, chiacchierando in un momento di pausa, una ricercatrice indiana attacca sul Diwali. Io, sornione, mi defilo dalla conversazione per non dover rispondere penalmente delle mie azioni. Mai nessuna scelta si rivelò più assennata.

Alla domanda inerente i cracker (petardi) rispondeva: "No, io non ne ho sparati. I miei figli però si, sapete i bambini...".

Io pensavo nel frattempo: "Come, i petardi ai bambini? Ma chis so' matt'!"

E continuava: "Mi piace assistere, si, ma non spararli, già l'inquinamento è [...]. E poi così li abbiamo risparmiati anche per oggi. Lo fanno in tanti!".

Ho chiesto asilo politico allo Sri Lanka.


martedì 13 novembre 2012

INDIAN HEALTHY REST

Non c'è niente di meglio che un rilassante e salubre riposo nel traffico cittadino. Smog, odori nauseabondi, stillicidio assordante di clacson esasperati ed esasperanti e carretto full optional extra lusso per un ineguagliabile sonno ristoratore. Una vera e propria esperienza mistica.

INDIAN SAFETY

INDIA, SICUREZZA PRIMA DI TUTTO

Poveri indiani! Aspe', aspe'...cosa?

Non dicono mica sul serio, questo è il celeberrimo Indian Humor! Fossi in loro, baratterei un pò di calma con aria respirabile; se l'aria salubre proprio non è possibile averla.

INDIAN CAR-SHARING



Chiaro esempio di efficienza e sostenibilità indiana. Badate bene, salvaguardando la sicurezza ed il diritto alla vita! Questa è la prova che nei paesi asiatici gli uomini, se non sono al centro di ogni cosa, sono senz'altro sopra ogni cosa...e tutti insieme ovviamente :)